Angela Zucconi fu una pedagogista e sociologa, esperta in servizio sociale di comunità e formazione in servizio sociale. Nel Dopoguerra contribuì a collegare la domanda di partecipazione politica delle donne al lavoro sociale di comunità per la costruzione della democrazia del benessere. Come direttrice del Centro di Educazione Professionale per Assistenti Sociali (1949-63) ha applicato l’approccio community development nelle zone arretrate dando vita ad alcuni progetti-pilota in Abruzzo, Sardegna e Basilicata. Ebbe importanti relazioni intellettuali con filosofi, scienziati sociali ed economisti aderenti alla cultura comunitaria, come Ada Gobetti, Maria Calogero Comandini, l’imprenditore Adriano Olivetti e l’economista Manlio Rossi-Doria, e ancora Rocco Scotellaro e Danilo Dolci, con riferimenti alla sinistra anglosassone e delle Nazioni Unite. Questo filone di pensiero umanistico ebbe grande impatto nell’ambito delle scienze economiche.
Letterata e sociologa.
Angela Zucconi nacque nel 1914 a Terni in Umbria, a cui rimase legata; tuttavia, se ne distaccò presto poiché la famiglia seguì la carriera del padre in magistratura (Zucconi 2000; Bolognesi 2004; Roghi 2020). La sua formazione risentì, soprattutto, del periodo trascorso a Trieste nell’età dell’adolescenza, dove strinse un legame di amicizia con Bobi Bazlen con cui restò in contatto anche negli anni del Fascismo. In questo contesto rivolse il suo interesse alle scienze umane con attenzione alle novità della cultura tedesca mitteleuropea. Bazlen introdusse la Zucconi ad autori critici verso la filosofia hegeliana, in ambito letterario ma anche alle scienze sociali e alla psicanalisi. Angela Zucconi si laureò in Lettere nell’Università di Roma con una tesi in storia della letteratura tedesca con attenzione alla dimensione biografica sentimentale e spirituale: approfondì infatti la vita della marchesa Bacinelli Forenzi protagonista della vita intellettuale della prima metà del XIX secolo, attraverso il carteggio d’amore con il principe Lodovico di Baviera. Trasferitati a Roma dalla metà degli anni Trenta, ancora adolescente, frequentò la comunità fondata dalla suora Maria al Campello in Umbria. Interessa qui sottolineare che in questo cenacolo fonda un modello di spiritualità, non confessionale, che si traduce in un pensiero comunitario. In questo ambiente si posero le premesse di un passaggio da una dimensione religiosa ad un modello di intervento sociale (Morozzo della Rocca 1999)[1]. La sua rete di contatti con il mondo intellettuale romano fu favorita dall’incontro con il prete intellettuale Giuseppe De Luca, che favorì l’approfondimento del nesso tra sfera spirituale e scienze sociali, con attenzione al modello cattolico della pietà. Nella seconda metà degli anni Trenta intraprese la professione di traduttrice. Alla fine degli anni Trenta Angela Zucconi soggiornò per motivi studio a Monaco (1938-39) e in Danimarca (1940-41). In questo periodo si accostò al mondo intellettuale antifascista, collaborò come traduttrice di Adriano Olivetti, da lei conosciuto tramite Bazlen, e frequentò Barbara Allison che favorì l’incontro con Benedetto Croce e la mise in contatto con intellettuali del Partito d’Azione.
Nel corso del 1944-45 entrò a far parte della cerchia intellettuale della sede romana della casa editrice Einaudi, dove venne assunta come traduttrice. Questo periodo fu decisivo nella sua via intellettuale sotto un duplice versante: da un lato si riconobbe nello sguardo intellettuale al femminile e in secondo luogo abbandonò il mondo degli studi per l’azione sociale. Aderì infatti al movimento femminista e si riconobbe nelle idee del Partito d’Azione, formazione politica socialista e liberale. Determinante nelle sue scelte fu il breve e intenso rapporto di amicizia con la scrittrice Natalia Ginzburg, vedova di Leone, leader del Movimento di Giustizia e Libertà, morto nelle carceri fasciste nel febbraio 1944. Angela ospitò Natalia per alcuni mesi dopo la guerra nel suo appartamento romano di via Cola di Rienzo. Insieme progettarono la nascita della rivista Arianna che doveva essere pubblicata dall’editore Longanesi, ma che rimase allo stato di progetto. Di grande interesse sono le pagine del racconto «Le Scarpe rotte» di Natalia Ginzburg dedicate ad Angela Zucconi in cui l’autrice coglie in lei la scelta esistenziale di donna «nomade» che rinuncia alla maternità e si realizza nel lavoro sociale di comunità.
Nel dopoguerra Zucconi aderì all’Unione Donne Italiane (UDI) la principale associazione del femminismo, promossa da donne comuniste e socialiste, ma orientato a creare una piattaforma comune con le diverse componenti culturali laiche e cattoliche. All’interno dell’UDI fu vicina alla posizione di Ada Gobetti, vedova di Piero, dirigente della sezione femminile del Partito d’Azione, e aderì al programma di impegno delle donne per l’assistenza sociale e il riconoscimento dei diritti sociali di cittadinanza. Ada Gobetti aveva avanzato questo programma durante il periodo della Resistenza, come scrive sulle pagine del diario il 20 dicembre 1944 riferendosi alla Scuola Pratica di Servizio sociale fondata a Milano nel 1944 (Ada Gobetti 2014: 294). La Scuola era finanziata dall’Opera Cardinal Ferrari e diretta da Odile Vallin, la quale operò una rottura con il modello paternalista-burocratico del Fascismo.[2] Si considera l’ambito degli studi sui social workers come oggetto di interesse della storia del pensiero economico in una prospettiva di costruzione della democrazia, con particolare riguardo al pensiero femminista (Becchio 2019).
Partendo dalla consapevolezza del fallimento dello Stato liberale si interrogò sulla opportunità di un impegno diretto delle donne nella battaglia per i diritti sociali posti a fondamento della cittadinanza democratica. L’indirizzo era coerente con il programma avanzato dalla sociologa ed economista inglese Beatrice Potter Webb (Calvetto 2022). Si avvicinò all’impostazione laburista anglosassone della London School of Economics – LSE dei coniugi Webb e della teoria della società del benessere dell’economista Pigou e si confrontò con il Piano Beveridge del 1942 (Beveridge 1943; Sullivan 1996). La storiografia ha ampiamente dimostrato l’importanza del piano Beveridge come arma nella battaglia psicologica per la vittoria del modello delle democrazie contro i totalitarismi e per la stabilizzazione dell’Europa nel Dopoguerra (Judt 2006). Angela Zucconi partecipò al Primo congresso internazionale delle donne (Parigi 1945) con la delegazione italiana guidata da Ada Gobetti (PdA)[3]. In questo momento lasciò la carriera di traduttrice per il volontariato sociale: prese parte dalla fondazione al Movimento di Collaborazione Civica (MCC) associazione sorta nel novembre 1945 con lo scopo di diffondere i valori della cittadinanza democratica, mediante un’opera di educazione dal basso. Fu promosso da intellettuali liberal-democratici di cultura anglosassone come la marchesa Giuliana Benzoni (Padova, 1895-Roma, 1981), erede della tradizione femminista pre-fascista (Benzoni: 1985) che favorì la nomina come presidente del giurista Leopoldo Piccardi. Il MCC ebbe una forte componente di donne del Partito d’Azione (Ada Gobetti, Ebe Flamini, Maria Comandini), e della sinistra cattolica (Maria Valier vedova di Sergio Paronetto, Guido Gonella, Franco Rodano marito di Maria Cinciani).[4]
Il ruolo del MCC fu riconosciuto dal Ministero per l’Assistenza Postbellica e dall’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) che in vista della fine della guerra lanciò un piano mondiale di aiuti sul modello del New Deal (Canepa 2018; Salvatici 2008).[5] Il Capo Missione UNRRA Milton Keeny aveva impostato un piano di primi aiuti all’Italia (marzo 1945) sottoscritto dal capo del governo Ivanoe Bononi e Lodovico Montini (Brescia, 8 maggio 1896 – Brescia, 12 febbraio 1990), capo dell’organizzazione di assistenza cattolica AAI - Amministrazione per le attività assistenziali italiane e Internazionali. Nel giugno del 1945 il governo Parri istituì il Ministero dell’Assistenza Postbellica guidato dall’esponente del Partito d’Azione Emilio Lussu che riportò in sede di governo la posizione del MCC e della componente dell’UDI del Partito d’Azione (Canepa 2024). Il ministro chiamò come consulente Maria Comandini, esponente del MCC, pedagogista e moglie del filosofo Guido Calogero leader del Partito d’Azione. In questi mesi Angela Zucconi partecipò a misure di sostegno dell’infanzia, con l’organizzazione di colonie nei giardini pubblici di Roma per bambini orfani ed ebbe rapporto privilegiato con gli esperti e alti dirigenti ministeriali come il direttore del Servizio Reduci Augusto Frassineti; l’Alto Commissario per la Salute e l’Igiene Nicola Perrotti, che aderì come socio fondatore;[6] e il presidente della Croce Rossa Italiana, Umberto Zanotti Bianco.
Il principale risultato, in questa fase post-bellica, fu il riconoscimento dell’approccio comunitario alla politica sociale da parte del Congresso Internazionale di studi sull’assistenza sociale tenutosi a Tremezzo (Como, sett.-ott. 1946) promosso dal Ministero per l’Assistenza Postbellica e dall’UNRRA. Il convegno aveva luogo dopo le prime elezioni politiche del 2 giugno con la partecipazione delle donne, e la nascita dell’Assemblea Costituente (Stefani 2011). La Conferenza introdusse nel dibattito costituzionale, il contributo di servizi sociali come strumenti di attivazione della partecipazione, la solidarietà democratica e l’assistenza partecipativa contro un modello paternalistico e autoritario; l’assistenza come fondamento della cittadinanza in una società industriale e di una politica di sviluppo. I diritti di assistenza furono discussi in relazione alla legislazione del lavoro e alla mobilità sociale, all’assistenza alle donne, ai bambini e agli adolescenti e alle problematiche del dopoguerra con riguardo sia all’emergenza profughi che agli spostamenti delle popolazioni e poi, successivamente, alle disuguaglianze interne. Vi è un collegamento organico tra il femminismo e il progetto di costruzione di una democrazia dal basso affidato al ruolo degli assistenti sociali. La relazione introduttiva sull’assistenza sociale (Welfare State) riguardava l’ambito della legislazione sul lavoro; il benessere sociale e il diritto alla salute; l’emergenza postbellica (questione rifugiati, profughi etc.); i compiti dello Stato e delle associazioni di volontariato. Furono presenti esperti dell’UNRRA che fornirono esempi del mondo democratico – in particolare della Gran Bretagna e degli Stati Uniti.[7] Il convegno aprì all’analisi economica di Ernesto Rossi che anticipò elementi di una proposta organica contenuta nel volume Abolire la miseria (1977 [1946]) [8]. Rossi propose un Piano liberale di welfare state, come alternativo al collettivismo, che si confrontava criticamente con il Piano Beveridge.
Il principale apporto di Angela Zucconi fu rivolto alla definizione del social work come lavoro sociale di comunità per attivare forme inedite di autogoverno locale, ma anche favorire un modello democrazia del benessere (Certomà 2005). Gli assistenti sociali dovevano svolgere un’azione di pedagogia sociale per favorire la formazione di una nuova classe dirigente nelle zone povere. In particolare appoggiò la proposta di Maria Comandini (1903 Cesena-1992 Roma) condivisa con il marito, il filosofo Guido Calogero, leader del Partito d’Azione (Comandini 2011, 296 [1947]). Calogero affidò alla pedagogia di comunità il primato di un programma politico liberal-socialista (Valenzano 2021). Il ruolo del Servizio sociale rifletteva l’elaborazione del significato di filosofia del dialogo di Guido Calogero, con una valenza non solo teorica e applicata al sociale in senso politologico per costruzione della democrazia: il lavoro sociale di comunità adottò il metodo della pedagogia democratica (Dewey) e il modello del laburismo anglosassone (Visalberghi 1951; Borghi 1957).
L’indirizzo laico (Comandini, Gobetti e Zucconi) fu condiviso da esponenti della sinistra cristiana (Corti e Ossicini) e De Menasce, responsabile delle scuole cattoliche di Servizio Sociale. A Tremezzo fu dichiarata la necessità di un passaggio da una visione caritatevole e paternalistica del sistema assistenziale ad un modello di solidarietà sociale. Il disegno comunitario di Servizio Sociale aveva messo in discussione l’identità conservatrice dell’educatore sociale, ma anche l’ideologia comunista della lotta di classe. Alla fine del 1946 Maria Calogero aveva fondato il CEPAS – Centro di Formazione Professionale per l’Assistenza Sociale (Certoma 2014; Ossicini 2011). Fu la prima scuola laica per la formazione degli assistenti sociali finanziata dall’UNRRA e dal Ministero dell’Assistenza (Bolognesi 2005; Certomà 2005). Maria Comandini e Guido Calogero considerarono il CEPAS laboratorio di formazione della pedagogia di comunità per promuovere un cambiamento sociale e l’espressione della partecipazione politica delle donne alla vita democratica (Calogero 1948; Stefani 2011).
Il tema del Welfare State ottenne un grande impatto nella Costituzione, nella I Parte (diritti e doveri dei cittadini). È quanto emerge da un’analisi sugli articoli dedicati ai diritti sociali presenti nel Titolo II e nel Titolo III (artt. 2, 3, 30, 31, 32, 38, 117 e 118). Nel merito prevalse una interpretazione non universalistica dei diritti sociali, condizionata dallo status del soggetto sociale di lavoratore; tale impostazione corrispondeva a questioni di bilancio ma anche l’eredità del modello storico della cultura legislativa; analogamente la Prima Commissione d’Aragona promossa da Amintore Fanfani (ministro del Lavoro) avanzò una proposta di costituzione del sistema del welfare adottando il principio dell’organizzazione del lavoro (Di Nucci 2002). Lo Stato estendeva la categoria di lavoratore ai soggetti fragili. La cultura dei partiti di massa, sia cattolici che marxisti, consideravano il principio universale di cittadinanza (piano Beveridge) di essere prodotto del pensiero economico liberale In questo contesto l’indirizzo riformatore di Tremezzo subì una battuta d’arresto. Angela Zucconi, parafrasando il pensiero del comunista Emilio Sereni, ministro dell’Assistenza post bellica, ha concluso che il programma di Tremezzo fu considerato dai partiti di massa come utopistico (Sereni 1947). La proposta ebbe un riconoscimento a partire dagli anni Settanta, tuttavia nel Dopoguerra fu ignorata tra gli economisti e nel dibattito costituzionale.
Il Movimento aveva subito una crisi dopo lo smantellamento del sistema degli aiuti internazionali dell’UNRRA nel dicembre 1947 anticipata dall’abolizione del Ministero dell’Assistenza post-bellica (febbraio 1947).[9] L’iniziativa riprese dopo l’avvio del Piano Marshall (1948) per la Ricostruzione, e in particolare all’interno dell’iniziativa dei movimenti comunitari. Angela Zucconi entrò a far parte dell’esecutivo dell’MCC.[10] Dal 1950 organizzò corsi di cultura comunitaria democratica per giovani a Sermoneta (Latina) ospiti nel Castello Caetani messo a loro disposizione dalla principessa Margherite Chapin (Origo 1964-65; Dannet 2016; Fiorani e Tortora 2017; Malatesta 2022).[11] I corsi sono stati i punti di riferimento nella formazione dei giovani a una cultura di tipo comunitario (De Rita 2022; Fofi 2022; Frassineti 2022). Erano tenuti da intellettuali della sinistra occidentale, esperti nel campo delle scienze sociali, con il sostegno finanziario e organizzativo dell’Associazione per la Libertà della Cultura (Ignazio Silone), attraverso la presenza di Ebe Flamini, segretaria dell’Associazione e protagonista nella storia del Movimento di Collaborazione Civica.[12] Il direttore dei corsi fu Cecrope Barilli introdusse in Italia il metodo dell’attivismo pedagogico della scuola francese.[13] All’attività didattica collaborò anche Gaetano Salvemini rientrato dagli Stati Uniti, il quale contribuì alla creazione una sezione del Movimento a Sorrento in Campania.[14]
La via comunitaria del Sud e i «Centri Sociali» del CEPA.
A partire dal 1949-’50 il programma di lavoro di Angela Zucconi fece un balzo in avanti con l’avvio della spesa per l’attuazione dei piani di riforma economica. I fondamenti del pensiero sociale approvati a Tremezzo dovevano applicati nell’ambito delle politiche di sviluppo, finanziata con i fondi ERP per la Ricostruzione. Dal 1949-50 la Zucconi assunse la direzione del CEPAS in sostituzione di Guido Calogero e Maria Comandini che partirono per un soggiorno di studio negli Stati Uniti e in Canada dove consolidarono i legami con il mondo intellettuale anglosassone. Il primo riconoscimento istituzionale degli assistenti sociali nell’inchiesta parlamentare sulla miseria (1951-53). In particolare Angela Zucconi operò un collegamento tra l’indirizzo del MCC e il Movimento di Comunità di Adriano Olivetti.[15] Prese parte all’iniziativa urbanistica olivettiana a Matera. Il progetto si collegava al programma di diffusione nel Sud nel modello di sviluppo comunitario (Musatti 1958; Hytten 1969; Fofi 1999). L’imprenditore di Ivrea aveva scoperto Matera attraverso il romanzo di Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli.[16] L’UNRRA-CASAS e Istituto nazionale di urbanistica promossero una commissione di studio sul problema in vista dell’azione Casas a Matera (1951). Il gruppo fu coordinato dal filosofo e antropologo ebreo-tedesco Friedrich Friedmann, venuto in Italia dagli Stati Uniti con una Borsa Fulbrith, che divenne interlocutore privilegiato di Olivetti (Laura Olivetti 2013).[17] Si trattò del primo studio di comunità in Italia.[18] In questo ambiente intellettuale si inserisce il lavoro sociale di Angela Zucconi.
Il CEPAS collaborò con l’opera di educazione degli adulti, diretta dall’Unione Nazionale per la lotta contro l’analfabetismo (UNLA), associazione fondata nel 1947 e guidata da Anna Lorenzetto con il concorso degli aiuti internazionali (Misiani 2003; Leder 2023).[19] Il progetto si saldava con la tradizione associativa italiana prefascista dell’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia di Umberto Zanotti Bianco e Gaetano Salvemini (Misiani 2007), e si apriva ad un indirizzo comunitario, con un programma di pianificazione territoriale favorendo la partecipazione dal basso e la formazione di una nuova classe dirigente che doveva sconfiggere la miseria e favorire la nascita di una società del benessere. Il Sud registrava tassi di analfabetismo degli adulti ancora alti e basso livello di funzionamento delle istituzioni politiche locali. Nello specifico la Zucconi collaborò con Friedmann all’istituzione in Basilicata di Centri Sociali collegato con l’opera dell’Unione per la lotta contro l’analfabetismo. Il programma ribaltava il pensiero dominante nell’economia dello sviluppo, ponendo in primo piano l’obiettivo della formazione di una consapevolezza democratica per la formazione di nuova classe dirigente locale. Zucconi appoggiò l’idea della istituzione di Centri Sociali come elemento centrale di indirizzo dell’opera del CEPAS nelle zone della miseria contadina.[20] L’istituzione dei Centri Sociali sorti nelle città industriali dell’Europa settentrionale per combattere il senso di alienazione ed anche il senso di divisione sociale e della paura di nuovo conflitto mondiale alimentato dalla propaganda della Guerra Fredda. Angela Zucconi condivide con Friedmann la necessita di operare il cambiamento di interpretazione sulla cultura contadina, favorendo l’emergere dei valori positivi in contrapposizione con il sistema clientelare (Friedmann 1956; 1996). Questo approccio si estendeva sul piano urbanistico, con il recupero del modello del «vicinato» nel nuovo «social housing» per la soluzione dei Sassi di Matera.
In questo periodo Angela Zucconi incontrò l’economista agrario Manlio Rossi-Doria, direttore della Facoltà di Agraria di Portici, impegnato nel Sud nell’attuazione della riforma agraria e gli interventi di pianificazione rurale diretti dalla Cassa per il Mezzogiorno.[21] Egli attribuiva un ruolo fondamentale agli interventi sociali di comunità e fondò dentro la Facoltà una scuola di sociologia agraria, di cui facevano parte il sociologo e poeta Rocco Scotellaro, il medico epidemiologo Rocco Mazzarone e Gilberto Marselli (Marselli 2016). Manlio Rossi-Doria fu il principale interlocutore di Angela Zucconi nell’ambito dell’economia e inserì il filone di studi sullo sviluppo sociale all’interno del programma di pianificazione economica. L’approccio economico rossidoriano rappresentò un fattore di assoluta novità in ambito del pensiero internazionale. D’altronde occorre riconoscere che il programma comunitario non incise in modo significativo nei programmi di economia dello sviluppo.
In particolare collaborò alla costruzione del villaggio La Martella a Matera, in una zona rurale con alto tasso di povertà con fondi UNRRA- Casas, ente di edilizia popolare presieduto da Olivetti in quegli anni.[22] Nel biennio 1953-’55 Zucconi proseguì l’azione a La Martella, di rafforzamento sul campo del lavoro del centro sociale, dando luogo al primo progetto «pilota» da applicare in altre zone in Italia tramite UNRRA-Casas. I villaggi sono stati abbandonati o hanno assunto una natura di periferia urbana. (Talamona 2001; Laura Olivetti 2013: 33-34). Il piano di risanamento dei Sassi fu varato soltanto nel 1971 quando la maggior parte degli abitanti si era trasferito altrove (Fabbri et a. 1994). L’iniziativa fallì per il disconoscimento dell’autonomia degli assistenti sociali da parte del leader politico democristiano Emilio Colombo che si fece interprete degli interessi politici-clientelari locali, impedì la collaborazione con l’Ente di riforma agraria e indusse UNRRA-Casas a lasciare Matera. In conseguenza di ciò l’attività degli assistenti sociali fu ridotta ad una funzione burocratica. Al contempo il programma comunitario non fu appoggiato dal partito comunista per motivi ideologici dovuto al timore di perdere il controllo sulla società rurale, messo in discussione dall’opera di pedagogia attiva del centro sociale. Zucconi abbandonò il programma nell’aprile 1955 e accusò il partito di governo democristiano di condurre sul territorio una gestione paternalistica come strumento di accrescimento del consenso politico (Zucconi 2000: 120-127).
Il CEPAS si aprì in questi anni alla prospettiva dello sviluppo sociale e affermò l’importanza degli, interventi socio-pedagogici per il successo di un piano contro la miseria contadina nel Sud Tale approccio portava a riconoscere il clientelismo, come elemento della cultura e della mentalità, che andava superato per il successo dei piani di sviluppo. Il piano di sviluppo comunitario per la Basilicata rurale fu ripreso dal convegno di Venezia dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (1952), senza entrare a far parte del piano di intervento per il Sud. Il ruolo del social work fu ripreso nell’ambito di ricerche economiche sullo sviluppo sociale applicato ai piani regionali. In particolare l’importanza degli studi di comunità fu compreso da centri di ricerche economiche (think tank) come la Facoltà di Agraria di Portici diretta da Rossi-Doria il quale aveva fondato una scuola di sociologia agraria (Marselli 2016) [23] e l’Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno-SVIMEZ aveva dato vita ad una Sezione sociologica diretta da Giorgio Ceriani Sebregondi con i giovani Salvatore Cafiero e Giuseppe De Rita (Ceriani Sebregondi 1965; De Rita 1990: 24-26).
Zucconi, in piena sintonia con la posizione di Olivetti, promosse la crescita scientifica del CEPAS che si dotò di una propria rivista Centro Sociale (1954-78) che divenne punto di riferimento in Italia sul lavoro sociale di comunità. La rivista fu diretta da Paolo Volponi e Anna Maria Levi (redattore), sorella dello scrittore Primo Levi.[24] Il programma della Zucconi si fondava sullo sviluppo dei centri sociali da parte di UNRRA-Casas (Volponi 1954; Ardigò 1954; Zucconi 1954). I centri sociali svolgevano compiti di servizio sociale di comunità e l’educazione degli adulti. Tramite Olivetti il CEPAS diede vita ad un corso di sociologia a Franco Ferrarotti appena rientrato degli Stati Uniti e un insegnamento a Giorgio Ceriani Sebregondi, fondatore di una sezione sociologica nella Svimez. Inoltre entrò nel board del CEPAS Manlio Rossi-Doria con un rafforzamento, in ambito culturale tra il comunitarismo olivettiano e il dibattito sulla pianificazione economica. L’esperienza del Sud Italia fu tenuta in considerazione dall’economista dello sviluppo Albert Hirschmann incaricato dalla banca mondiale di condurre una missione in America Latina.[25] In tal modo l’intervento per rimuovere il divario educativo fu fatto allo stesso tempo in cui erano svolti gli investimenti pubblici per la trasformazione del territorio.
Community Development e Progetto Pilota Abruzzo.
Il decennio 1955-65 segnò una maturazione del pensiero scientifico della Zucconi in parallelo con l’azione sul campo. Il lavoro sociale di comunità entrò a far parte della definizione dello sviluppo dei Paesi poveri, e in Italia, fu acquisito dallo Schema Vanoni per la piena occupazione e riduzione delle diseguaglianze sociali interne nelle regioni rurali e urbane. In funzione dei compiti operativi In particolare Angela Zucconi nel 1955-’56 guidò una missione di studio a Portorico, sotto l’egida delle Nazioni Unite, paese povero dell’America Centrale sotto il controllo degli Stati Uniti.[26] Dal viaggio riportò una metodologia d’intervento sul campo, presto ribattezzata «community development» e strinse un legame di affetto personale con Florita Boots fotografa ed esperta di educazione degli adulti delle Nazioni Unite, che sarebbe divenuta la sua compagna per tutta la vita[27]. In questo periodo il CEPAS si occupò dell’applicazione degli strumenti per l’attuazione delle metodologie di community development di stampo anglosassone rivolto ai paesi ex coloniali e del Terzo Mondo e fatto proprio dalle Nazioni Unite nel 1952 (Sanders 1958).[28] Angela Zucconi Adottò questa metodologia ad un Paese sviluppato che aveva al suo interno una macro-area depressa (il Sud) e promosse il rinnovamento metodologico con la partecipazione ad una rete internazionale di sociologi ed economisti di comunità (Zucconi 2000; 2008; Romano 2016). Il metodo di lavoro comunitario suscitò l’interesse di intellettuali liberali e socialisti, da Umberto Zanotti Bianco, Adriano Olivetti, a Manlio Rossi-Doria, Paolo Sylos Labini, Aldo Capitini, Danilo Dolci e Raniero Panzieri.
Il primo atto della Zucconi dopo il rientro in Italia fu il confronto con Danilo Dolci che aveva dato vita ad un lavoro di comunità in Sicilia a Partinico.[29] Dolci aveva dato vita ad un esperimento di intervento sociale finalizzato a favorire una posizione conflittuale della popolazione locale per rompere la struttura e l’organizzazione sociale «mafiosa» e paternalista. Promosse nella zona agricola siciliana uno «sciopero alla rovescia» (1956) seguito da una ondata di arresti che accese i riflettori sull’esperimento nel dibattito pubblico nazionale. L’iniziativa di Dolci ottenne la mobilitazione di intellettuali come Aldo Capitini, Norberto Bobbio e Ada Gobetti. A sostegno delle iniziative di Dolci fu costituito a Roma l’Associazione di Iniziative Sociali (AIS) di cui Angela Zucconi (CEPAS) faceva parte del comitato direttivo e dell’esecutivo collegata all’Associazione per la libertà della cultura, con il coinvolgimento di ANIMI (Zanotti-Bianco e Rossi-Doria) e del MCC (Flamini).[30] Nell’estate del 1956 Angela Zucconi promosse un’indagine sul campo a Partinico con la collaborazione di Rossi-Doria e Mazzarone che portò ad una relazione (30 settembre 1956) la quale suggeriva di collegare la mobilitazione sociale, dal basso, ad un piano di irrigazione della zona arida mediante che prevedeva la costruzione di una diga sul fiume Jato e, al contempo, favorire l’emigrazione per alleggerire la pressione antropica non riassorbibile nella terra (Misiani 2010: 512-516). L’iniziativa fallì per la chiusura di Dolci che non volle accettare una forma di controllo e, in conseguenza di ciò, fu la stessa Zucconi a proporre lo scioglimento del comitato di sostegno. In realtà Dolci organizzò un convegno sulla piena occupazione a Palermo (novembre 1957);[31] creò a Partinico il Centro studi e iniziative per la piena occupazione che ottenne l’obiettivo della costruzione della diga con il finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno per sottrarre l’acqua al controllo politico-mafioso e renderla un bene comune («acqua democratica»). Tuttavia orientò l’azione sociale, ad un programma di pedagogia della liberazione e si allontanò dalla prospettiva economica. La Zucconi prese le distanze da Dolci pur se l’esperimento contribuì alla definizione di un metodo di sviluppo comunitario di azione sociale e conservò un legame con Dolci, testimoniato dalla corrispondenza presente nel suo archivio personale.
Il CEPAS dal 1958 pubblicò The International Review of Community Development (1958-1994) come inserto semestrale di Centro Sociale[32] e realizzò progetti pilota come contributo ad impostare un modello di pianificazione democratica. In questa azione si attivò una complessa rete di rapporti con esperti delle Nazioni Unite riportata nella ricerca di soluzione del problema locale (Bellotti 2011; Misiani 2015; Dellavalle e Vezzosi 2018). In particolare Zucconi ideò il Progetto Pilota Abruzzo (1958-1962) con Olivetti, e la collaborazione dell’economista Rossi-Doria e dell’urbanista Leonardo Benevolo.[33] Il progetto fu sostenuto da Olivetti dopo l’ingresso in Parlamento (1958) come leader del Movimento di Comunità, in qualità di presidente di UNRRA-CASAS ed esponente della maggioranza del governo Fanfani. Nell’idea olivettiana il progetto Abruzzo doveva favorire da una riforma della legge urbanistica con la concessione di autonomia ad enti locali, formati dall’aggregazione di più comuni secondo una logica socio-economica. Il piano di intervento urbanistico, in altri termini, formava lo strumento di una riforma dell’ordinamento istituzionale in senso comunitario. L’UNRRA-CASAS avrebbe dovuto utilizzare le conclusioni del progetto-pilota per la definizione di un piano di «social housing».
Il Progetto Pilota Abruzzo era stato approvato dall’Unesco nel 1958 ed era considerato come un esperimento di intervento sociale per l’educazione degli adulti, come misura per favorire il coinvolgimento democratico dei contadini nelle politiche di coesione regionale. Il Dipartimento di scienze sociali de l’UNESCO aveva incluso le zone rurali dell’Italia meridionale come area in via di sviluppo (Commissione nazionale italiana UNESCO 1959). In secondo luogo in questi anni Anna Lorenzetto aveva coordinato un programma di educazione degli adulti nei paesi del Terzo Mondo, facendo esplicito riferimento all’esperienza italiana. In terzo luogo il Progetto-Pilota Abruzzo fu sostenuto dalla Commissione italiana UNESCO rappresentata da Maria Luisa Valier, esponente di rilievo del femminismo cattolico nonché vedova dell’economista Sergio Paronetto. Infine Florita Boots quale esperta UNESCO, per l’educazione degli adulti fu incaricata della direzione del progetto.
Fu scelta come zona un’area interna dell’Abruzzo nelle province di Chieti e l’Aquila nella fase di avvio del ciclo di grande emigrazione dalle aree interne ai centri industriali. Il progetto della Zucconi si valse della consulenza di Manlio Rossi-Doria, economista agrario, vicino per cultura a questa visione, e dell’architetto olivettiano Leonardo Benevolo, che sovrintese alla scelta dei luoghi. Benevolo, infatti, era stato l’autore del piano territoriale dell’Abruzzo del 1952 sulla base della legge urbanistica del 1942. Il progetto pilota isolò dodici comuni di montagna nella zona di confine tra l’Aquila (Pescocostanzo, Rivisondoli, Ateleta, Roccapia e Roccaraso) e Chieti (Colledimacine, Lettopalena, Montenerodomo, Palena, Taranta Peligna, Lama dei Peligni e Torricella Peligna). Si trattava di un’area a prevalente economia rurale, con un’agricoltura povera. Il progetto diede buoni risultati ma naufragò per la crisi dell’Unrra-Casas e più in generale per le difficoltà incontrate dal comunitarismo nel nuovo quadro politico italiano.
Il lavoro poneva in primo piano la questione di accompagnare anche nei centri rurali le politiche di educazione civica, onde anticipare le forme della cittadinanza rispetto all’arrivo della società dei consumi. Questo argomento coglieva in pieno una questione che avrebbe poi risolto la televisione con esiti diversi rispetto a quelli da lei auspicati. Furono sperimentate nuove pratiche didattiche per l’educazione degli adulti al fine della formazione di una nuova classe dirigente capace di promuovete una forma di democrazia diretta, con impiego della letteratura, della filmografia e della televisione (Battaglia 2016; Nanni 2022). Il progetto nel 1962 ottenne il plauso UNESCO ma non ebbe ricadute concrete a causa del disimpegno di UNRRA-Casas,[34] il quale ente dopo la scomparsa di Olivetti (1960) aveva cambiato indirizzo e in generale il Primo governo di Centro-sinistra non adottò la linea comunitaria (Zucconi 2000: 156-166). La questione del riordino amministrativo fu ripresa da un interessante studio condotto in Abbruzzo da sociologi collegati al programma di community development senza impatto sulle scelte istituzionali nazionali e locali (Paci et al. 1964).[35]
Negli stessi anni il CEPAS di Angela Zucconi collaborò al progetto pilota di Borgo a Mozzano (Lucca) sede del Centro studi agricoli finanziato dalla Schell italiana (1958-63) dove furono organizzati corsi di addestramento in assistenza tecnica agricola; al progetto pilota della Sardegna con finanziamento OECE (1957-62), regione con poteri speciali, che anticipava la politica di programmazione nazionale adottata nel 1962-64 dal governo di Centro-Sinistra. Nel 1963 Zucconi lasciò la direzione del CEPAS e proseguì il suo impegno come componente del direttivo della Fondazione Adriano Olivetti vicina ai socialisti collaborando come esperta alla pianificazione economica. Questo passaggio coincise con la decisione di trasferirsi nel piccolo centro di Anguillara sul lago di Bracciano. Zucconi collaborò con i Ministri del Bilancio e della Programmazione economica, Antonio Giolitti e poi Giacomo Pieraccini, alla stesura del documento «Progetto ‘80» al fine di ottenere l’inserimento dell’approccio comunitario nella politica di piano.[36] A questo fine si inserisce il Progetto Pilota Avigliano (Potenza), 1963-65 diretto in collaborazione con Rossi-Doria e finanziato dalla ESSO che introduceva la questione delle zone interne nel dibattito sulla pianificazione nazionale ed europea (Il Progetto Avigliano 1964).
L’ultimo impegno della Zucconi fu l’organizzazione con la Fondazione Olivetti del convegno a Sorrento (1968) sul tema «Attualità e inattualità nei progetti di sviluppo comunitario» al fine di verificare quale fosse stato l’insegnamento dell’esperienza olivettiana per la pianificazione democratica. L’iniziativa riprendeva il pensiero olivettiano, ma non diede alcun risultato concreta all’interno della discussione politica sulla programmazione economica. Angela Zucconi condusse i lavori operando una convergenza tra i diversi indirizzi. Un riassunto si trova nel quaderno Olivetti «Regioni e servizi sociali» (1972).[37] Di estremo interesse è la relazione di Emma Morin che sottolineò le difficoltà di applicazione incontrate per il vuoto della politica. Riportò esperienze di successo nei territori nel Nord Italia, laddove era presente una tradizione civica, diversamente i risultati erano più deludenti nelle zone depresse prive di cultura comunitaria. Vi era una differenza tra il modello di community development anglosassone e il comunitarismo olivettiano; il primo caso si fondava sulla ricerca di collaborazione tra istituzioni locali e comunità, nel caso delle iniziative olivettiane si trattava di mobilitare la base della società nella prospettiva della creazione di un nuovo ordinamento.[38] Sotto tale versante le idee di community development furono riprese dal sociologo Giovanni Mottura nella prospettiva della nuova sinistra italiana, come modello di piano economico fondato sul sostegno al conflitto sociale, dalle lotte agrarie nel Sud alle politiche di inclusione degli immigrati nelle aree urbane (Mottura 1968a; 1968b).[39]
Comunitarismo e sviluppo umano.
Il pensiero della Zucconi fu ripreso da parte del sociologo norvegese Eyvind Hytten, docente di filosofia morale ad Oslo sui caratteri originali dell’esperienze italiane in confronto con il modello anglosassone di community development pensato per i paesi ex coloniali e le aree del Terzo Mondo dove non esistevano istituzioni complesse (Hytten 1968; 1969: 84-94).[40] L’Italia aveva dato un contributo innovativo poiché aveva applicato questo metodo in un’area avanzata, tuttavia i risultati erano stati inadeguati per la difficoltà di riconoscimento dell’approccio sociologico da parte della politica. Per la prima volta il community development era applicato all’interno di una area europea con potenziamento dei servizi in diverse direzioni, ed in modo particolare la scuola (educazione degli adulti) e la cooperazione. Tuttavia l’iniziativa andava inserita all’interno del contesto storico esistente, Il principale problema riguardava la necessità di riconoscimento delle esperienze comunitarie con una riforma delle istituzioni nazionali (Cafiero 1969). Come era emerso chiaramente dalla sconfitta delle iniziative olivettiane appariva necessario accompagnare l’iniziativa comunitaria dal basso ad una riforma delle istituzioni per trovare un’interlocuzione sul territorio. D’altronde il fallimento della politica di sviluppo attuata dall’ENI in Sicilia con il petrolchimico a GELA dimostrava l’assenza di automatismo tra interventi economici dall’alto (verticali) e sviluppo economico e la necessità di integrare l’azione dall’alto con una politica di sviluppo comunitario (orizzontale) (Hytten e Marchioni 1970).
La riforma delle istituzioni con la nascita delle regioni con l’avvio di un decentramento amministrativo delle competenze delle istituzioni centrali, non ha risolto il problema del funzionamento della gestione delle risorse economiche pubbliche. D’altro canto l’architettura del disegno si è confrontato con la difficoltà di funzionamento delle istituzioni democratiche italiane e il permanere del divario nel livello di prestazione dei servizi sociali. Il principale lascito della stagione delle riforme degli anni Settanta fu la creazione del sistema sanitario nazionale con il riconoscimento del diritto universale alla salute. In uno scritto fondamentale il politologo americano Putnam sul processo di costruzione della democrazia in presenza di un capitale sociale, costituito da un insieme di fattori storico-ambientali comunitari. In un celebre studio sul funzionamento delle Regioni i istituite nel 1970 dichiarò che la capacità di autogoverno nel Centro-Nord dovuta al «senso civico» prodotto della tradizione culturale dei Comuni; al contrario nel Sud il basso funzionamento delle istituzioni locali era condizionato dalla storia della pratiche di partecipazione clientelare (Putnam 1993).[41] Al contempo Amartya Sen, Nobel dell’economia nel 1998 nella sua teoria sul benessere sociale e lo sviluppo umano si riallaccia al pensiero di comunità (Sen 1999; Nussbaum 2010). Attualmente il concetto di capitale sociale è entrato nei programmi economici di politica della spesa pubblica come priorità con un cambio rispetto all’approccio culturale. In secondo luogo nel 2016 è stato riconosciuto il ruolo delle associazioni del terzo settore come risorsa per una riforma dello Stato sociale nell’interesse della comunità e dell’efficienza dei servizi (Bianchi 2023). In termini specifici è possibili rintracciare nel lavoro di comunità la premessa delle idee di «welfare di comunità» nelle sue diverse declinazioni come soluzione per risolvere le contraddizioni del sistema attuale.
[1] Negli anni Trenta Maria di Campello dialogò con il prete «eretico» Ernesto Buonaiuti, il pedagogista Aldo Capitini e il leader induista del movimento religioso e politico anti-coloniale Gandhi.
[2] Odile Vallin (Le Havre, 1914 – Melzo, 2008) è la fondatrice della prima scuola di servizio sociale nel Dopoguerra. Nacque in Francia dove si si formò e riportò la sua esperienza democratica in Italia. Tra i primi allievi si ricorda Maria Romani, docente di storia economica presso la Cattolica poi impegnata nel movimento delle ACLI. Negli anni Cinquanta e Sessanta collaborò con le Nazioni Unite a progetti di community development (Canali e Lerma 2011; Cortigiani e Pagani 2011; Canali 2011).
[3] Sulla posizione della delegazione UDI di Parigi: Ledde 2021.
[4] Lo statuto del MCC fu sottoscritto da Leopoldo Piccardi, Ada Gobetti, Franco Monicelli, Guido Gonella, Nicola Perotti, Margherita Caetani di Bassiano, Franco Rodano, Lidia Storoni, Ebe Flamini, Maria Comandini Calogero, Marisa Paronetto Valier, Giulio Macchi, Angela Zucconi, Giuliana Benzoni. Archivio Centrale dello Stato-ACS (Rome): Serie Archivi di partiti, sindacati, movimenti, associazioni e comitati. Fondo: «Movimento di Collaborazione Civica. 1943-1992».
[5]Spurgeon Milton Keeny capo-missione UNRRA (1944-1947), nei suoi report del 1944-’45 avanzò un programma per il Dopoguerra a favore delle fasce più deboli, come le donne gestanti, i bambini, i profughi e reduci (Affinito 2012).
[6]Augusto Frassineti (Faenza, 1911 – Roma, 1985), scrittore e traduttore. Svolse un saggio critico sui difetti della burocrazia che limitava il funzionamento della democrazia (I misteri dei ministeri, 1952) la cui tesi fu riportata nei corsi del MCC. Nicola Perrotti (Penne-Pescara, 1897 – Roma, 1970) fu tra i fondatori della scuola psicanalitica italiana ed esponente del Partito socialista; fu Alto Commissario alla Salute Pubblica e l’Igiene (1945-1948) e poi deputato socialista nelle prime legislature della Repubblica.
[7] La prima sessione fu introdotta da una tavola rotonda su previdenza e assistenza negli Stati Uniti presieduta da Lucia Corti Ajmone Marsan con interventi degli operatori UNRRA Antonio Sorieri (Assistenza sociale negli USA) e Phoebe Bannister (Previdenza sociale negli USA). Gli esperti UNRRA facevano parte della Welfare division, istituita nel 1946 e guidata dalla social worker statunitense Phoebe Bannister, la quale predispose una relazione analitica e programmatica sul welfare italiano. In particolare il Rapporto Bannister fece cenno al modello di lavoro comunitario e la necessità di sviluppare il campo della formazione professionale. (Unrra European regional office. Division of operational analysis 1947). Il programma fu condiviso dall’AAI (Ciampani 2002; Salvatici 2011: 97).
[8] Nella sua analisi Rossi condivise la filosofia universalistica del dovere pubblico di assicurare i diritti di assistenza a tutti i cittadini, ma criticò l’efficacia della misura di stampo keynesiano del sussidio di disoccupazione, mentre suggerì di indirizzare la spesa pubblica in investimenti nei servizi sociali per formare un corpo esperti a cui affidare il compito di creare un esercito di lavoratori. La critica di Rossi riprendeva l’analisi einaudiana (Einaudi 1944). Questo punto è stato oggetto di rivalutazione negli anni Settanta da parte di economisti come Paolo Sylos Labini e Giorgio Fuà (Ernesto Rossi a dieci anni dalla scomparsa 1977).
[9] Le competenze passarono alla Direzione generale dell’Assistenza post-bellica del Ministero dell’Interno (DL 14.2.1947, n. 27), poi Direzione generale dell’Assistenza pubblica (d.m. 1.6.1949).
[10] Da una nota della questura di Roma del giugno 1952 si ricava che Angela Zucconi era componente, sia del comitato direttivo e della giunta esecutiva con Valitutti, Barilli, Benzoni, Flamini.
[11] Marguerite Gilbert Chapin sposata con il principe Roffredo Caetani di Bassiano (Waterford (USA) 24 giugno 1880 – Ninfa vicino Sermoneta (Latina) 17 dicembre 1963) fu intellettuale democratica, cosmopolita, attiva in ambito letterario con la direzione delle riviste Commerce (1924-1932) e Botteghe oscure (1948-1960).
[12] Ebe Flamini (Roma, 1917 – Roma, 1992) proveniva dal Partito d’Azione. Dopo il suo scioglimento entrò nell’area della «Terza Forza» e dal 1951 fu iscritta alle associazioni italiane per la libertà della cultura presiedute da Ignazio Silone di cui assunse l’incarico di Segretario generale (1955). Fu una delle principali animatrici del Movimento di Collaborazione Civica di cui fu Presidente (1970).
[13] Cecrope Barilli (1913-1983) diede vita in Italia ai Centri di Formazione ai metodi di educazione attiva (CEMEA) che erano già operanti in Francia dagli anni Trenta e curò l’edizione francese del volume di Demole, Giochi per ragazzi: guida per i genitori e gli insegnanti.
[14] Salvemini all’inizio degli anni Cinquanta si trasferì a Sorrento ospite nella villa di Giuliana Benzoni. Nel MCC riportò l’esperienza del modello americano di intervento sociale basato sulla collaborazione tra Stato e associazioni private che aveva osservato personalmente, al fine di aumentare la capacità di autogoverno nel Sud e preparare una riforma dello Stato con aumento dell’autonomia dei comuni.
[15] Il primo progetto comunitario fu attuato nel 1949 da Olivetti nel canavese (La Banca 2019). Sull’idea urbanistica olivettiana (Olmo: 2001) e il contributo alla storia del community work (Santamaita 1987; Faggiolani 2024). Per un inquadramento sulla storia delle idee politiche del Movimento di Comunità (Olivetti 2014; Ignieri 2019: 9-62).
[16] Sul significato di rottura del romanzo di Levi nella rappresentazione del mondo contadino meridionale Forgacs 2015, 141-210.
[17] Friedrich Georg Friedmann (Augusta, 1912 – Friedberg, 2008) fu attivo nella lotta per l’integrazione razziale nelle università americane e fece rientro in Germania (1960). Fu interlocutore di Hannah Arendt e studioso del dialogo interreligioso (Friedmann 1995).
[18] La Commissione di studio nel 1956 l’UNRRA-CASAS pubblicò, su 9 previsti, solo i saggi introduttivi di Riccardo Musatti, Friedrich Georg Friedmann e Giuseppe Isnardi, quello storico di Francesco Nitti «Matera, una città del Sud» (Musatti, Friedmann e Isnardi 1956) e l’etnologico Tullio Tentori (1956).
[19] Anna Lorenzetto (Roma, 1914 – Grosseto, 2001) fu pedagogista, esponente del Partito d’Azione e del comitato direttivo dell’UDI dal primo congresso (ott. 1945). Nel 1947 fece parte del Comitato direttivo dell’UNLA presieduto da Francesco Saverio Nitti e dal 1949 promosse la costituzione dei Centri di cultura popolare.
[20] Nel 1952 Angela Zucconi firmò una convenzione tra CEPAS e l’UNRRA-Casas per la gestione del primo centro sociale nel villaggio La Martella di Matera, al contempo l’UNRRA Casas incaricò il CEPAS di pubblicare una rivista che trattasse dei centri sociali (Zucconi 1952).
[21] Manlio Rossi-Doria (1905-1988) fu economista agrario, sociologo e ed esponente della sinistra italiana non comunista. Tra il 1947-48 e il 1953 collaborò con il governo italiano e gli esperti ERP nelle opere di bonifica e di riforma agraria nel Sud (Misiani: 2010).
[22] Il progetto riprendeva il piano di bonifica e riforma agraria curato dall’economista agrario e urbanista Nallo Mazzocchi Alemanni. Tuttavia la legge del 1952 stralciava la parte relativa alla trasformazione fondiaria. Il borgo modello «La Martella» fu inaugurato nel 1953 a cui seguirono altri borghi.
[23] L’indirizzo sociologico fu valorizzato con l’istituzione dentro la Facoltà di Agraria di Napoli-Portici del Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno inaugurato nel 1958 con un finanziamento della Ford Foundazion e delle istituzioni del governo italiano.
[24] Anna Maria Levi (Torino, 1921 – Roma, 2013), storica dell’arte, attiva nella Resistenza in Piemonte nelle fila del Partito d’Azione con Ada Gobetti. Nel dopoguerra fu vice segretaria del CLN Piemonte. Nel 1953 tramite Olivetti iniziò la sua collaborazione con Zucconi a La Martella.
[25] Hirschman conosceva i lavori di Friedmann e della scuola di Portici di Rossi-Doria.
[26] Sull’influenza della missione di Portorico nel rinnovamento del metodo dell’educazione degli adulti (Bini 2018).
[27] Florita Botts (El Paso, 1928 – Anguillara Sabazia, 2021) fu Fotoreporter e videoartista americana collaboratrice con l’Agenzia della FAO. Era figlia di un industriale americano, con una cultura europea e figlia di una aristocratica russa fuggita dalla Rivoluzione bolscevica (Botts 2020).
[28] «Lo sviluppo comunitario è l’insieme dei processi mediante i quali gli abitanti di una determinata zona uniscono i loro sforzi insieme a quelli dei pubblici poteri allo scopo di migliorare la situazione economica, sociale e culturale della comunità, di associarla alla vita della nazione e di porla in grado di contribuire all’interesse del Paese» (ONU 1956 cit. in Hytten 1969: 85).
[29] Danilo Dolci si era trasferito a Trappeto (1952) dando vita ad un esperimento di educazione civile, e di pedagogia comunitaria in una zona di grave povertà; con la costruzione del «Borgo di Dio» che includeva un asilo per i bambini e corsi di educazione degli adulti con l’adozione di un metodo della pedagogia della liberazione e alla filosofia di Aldo Capitini. Il programma fu accompagnato da scritti di denuncia sulle condizioni di povertà presenti nella zona (Dolci 1955).
[30] Il Comitato Centrale di AIS era composto da Enzo Vittorio Alfieri, Paolo Balbo, Lamberto Borghi, Maria Calogero, Giovanna Carrara, Federico Comandini, Danilo Dolci, Ebe Flamini, Grazia Fresco, Michele Gandin, Mauro Gobbii, Rocco Mazzarone, Manlio Rossi-Doria, Pierluigi Pugliani, Angela Zucconi. Esecutivo: Paolo Balbo, Manlio Rossi-Doria, Angela Zucconi. Segretario Paolo Balbo Tesoriere. Ebe Flamini.
[31] L’iniziativa divise il mondo degli economisti dello sviluppo (Dolci 1958): fu stroncata da Pasquale Saraceno (SVIMEZ) e suscitò l’interesse del sociologo Ceriani Sebregondi e dell’economista Gunnar Myrdal.
[32] La rivista fu diretta da Albert Meister (Basilea 1927 – Kyoto 1982), sociologo, è stato directeur d’études presso l’École Pratique des Hautes Études di Parigi, studioso dell’associazionismo in generale e delle teorie ed esperienze autogestionarie. Fu collaboratore di Adriano Olivetti, trasferendosi per un periodo a Ivrea dove studiò i risvolti comunitari del processo di industrializzazione piemontese.
[33] Centro Sociale pubblicò nel 1958 un numero nomografico sul Progetto Pilota Abruzzo. con interventi introduttivi di Zucconi ed Olivetti.
[34] «[…] D’intesa con il Ministero degli Affari Esteri, l’Unesco ha […] assai sovente prescelto il “Progetto Pilota” come una delle sedi più qualificate in cui inviare esperti di vari Paesi , fruenti di borse di studio e desiderosi di approfondire la vasta e complessa problematica della educazione degli adulti in zone di sviluppo». Maria Paronetto Valier (segretaria generale – Commissione italiana Unesco), a Florita Botts, 14 aprile 1962, Fondazione Adriano Olivetti, Fondo CEPAS, B. 12, UA: 47.
[35] L’indagine, finanziata dalla Cassa per il Mezzogiorno, fu condotta nel 1961 dai sociologi Agostino Paci, Manfredo Roncioni, Bernard van Heck e Guido Vincelli. L’indagine individuava in Abruzzo «zone omogenee» e ridisegnava i confini della regione in modo diverso rispetto a quelli amministrativi, tenendo in maggiore considerazione le caratteristiche economiche e sociali.
[36] Il «Progetto 80» e il Rapporto preliminare al secondo programma economico nazionale per il quinquennio dal 1971-75 predisposto in Italia dal Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica dal 1959 al 1971 (Ministero del Bilancio e della Programmazione economica 1969; Renzoni 2012).
[37] Attraverso la Fondazione Olivetti la Zucconi continuò a dare il suo apporto all’indirizzo di pianificazione sociale del CEPAS e sostenere The International Review of Community Development.
[38] Emma Morin, I progetti di sviluppo comunitario (Sintesi da quanto è risultato dall’analisi dei singoli progetti), relazione al convegno «Attualità e inattualità dei progetti di sviluppo comunitario» (Sorrento 1968, cit. in Hytten 1969: pp. 88-89). Emma Morin commentò i progetti «Comunità» nel Canavese, il CECAT a Castelfranco Veneto, il progetto Schell a Borgo a Mozzano, il progetto Sardegna dell’OECE (poi OCSE), il Centro studi e iniziative in Sicilia Occidentale, il Centro per lo sviluppo di comunità a Palma di Montechiaro, il Progetto Molise e il Progetto Avigliano. Emma Morin (Genova, 1914 – Roma, 2000) si laureò a Roma in Scienze Politiche (1936) e iniziò la carriera presso la biblioteca Istituto centrale di statistica. Nel dopoguerra grazie all’amicizia con Giovanni De Menasce si diplomò presso la Scuola di Servizio Sociale di Roma (1946-49). Negli anni Cinquanta e Sessanta operò come esperta internazionale del lavoro sociale di comunità (Canale 2019).
[39] Giovanni Mottura (Torino, 1937 – Bologna, 2022) fu sociologo e intellettuale militante nella sinistra. Aderì al gruppo socialista non comunista e si laureò a Torino in Storia della Filosofia (Abbagnano) con una tesi in sociologia (1955); nel 1956 si trasferì a Partinico da Danilo Dolci con un gruppo di coetanei tra cui Goffredo Fofi e Vittorio Risier dove sperimento il lavoro sociale di comunità; rientrato a Torino collaborò con il gruppo di giovani vicini all’intellettuale socialista Raimondo Panzieri e alla rivista Quaderni Rossi dove pubblicò inchieste sociologiche con metodo marxista, negli stessi anni si convertì alla religione valdese e entrò a far parte del Centro Agape con cui condivise il progetto di una riforma teologica e sociale; sperimentò il metodo dell’inchiesta sociale in mobilitazione sociale ed avanzò un programma di alleanza tra città e campagna; nel 1967 prese l’insegnamento di sociologia agraria presso il Centro di Portici diretto da Manlio Rossi-Doria. A metà degli anni Settanta si trasferì nella Facoltà di Economia di Modena e negli ultimi anni fu impegnato in un programma di ricerche intorno al tema della immigrazione.
[40] All’inizio degli anni Sessanta Hytten giunse in Sicilia al seguito di Danilo Dolci; coordinò le iniziative del Centro di iniziative per la piena occupazione. Si allontanò da Dolci (1964) in polemica con la decisione di fondere nel movimento gli aspetti tecnico-economici, gli impegni nella sfera associativa e il ruolo di leader dell’azione non-violenta. Negli anni Sessanta e Settanta fu docente del Centro per gli studi sullo sviluppo economico SVIMEZ; esperto della Divisione Affari Sociali della Nazioni Unite (Ginevra); componente del Comitato Scientifico del CEPAS e consulente di istituzioni pubbliche e private.
[41] Negli anni seguenti Putnam ha osservato che anche negli Stati Uniti vi è stato il declino del comunitarismo e l’ascesa di un nuovo individualismo con la conseguente crisi della democrazia americana (Putnam 2000).
OPERE
Pubblicazioni
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- 1954. “Centri sociali in Italia”. Il Centro sociale, 1954, 1-3, pp. 3-6.
- 2000. Cinquant’anni nell’utopia, il resto nell’aldilà. Napoli, L’ancora del Mediterraneo.
- 2008. Il lavoro sociale di comunità come partecipazione dal basso: antologia degli scritti 1951-1966. A cura di Giuseppe Certomà, Roma, Sensibili alle foglie.
Attività a carattere economico
Traduzioni
Manoscritti e altri documenti
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