Margherita Grassini Sarfatti è stata una delle più autorevoli storiche dell’arte del suo tempo, organizzatrice di eventi e tra le prime ad occuparsi di management culturale, fondatrice del movimento «Novecento», giornalista di diverse testate (L’Avanti, Il Tempo, Il Popolo d’Italia) e direttrice della rivista Gerarchia. Di rilievo i suoi reportage dai diversi continenti. Nei suoi articoli si è occupata di lavoro femminile, economia internazionale, cultura e di scuola, rapporti tra Stati e tra civiltà e religioni diverse. Coetanea di Mussolini, ne condivise il passaggio dal socialismo alla fase nazionalista, visse da protagonista la fase iniziale del fascismo ed i primi dieci anni di governo, diventandone ispiratrice dei miti di Roma e della missione italiana nel mondo. Di famiglia ebrea, si rifugerà in Uruguay prima della approvazione delle leggi razziali del 1938, rientrando in Italia nel 1947.
I primi venti anni li passa nella sua Venezia, negli ambienti dell’alta borghesia ebraica, in una famiglia conservatrice, con la madre (Levi) cugina del padre di Natalia Ginsburg. Di questo primo periodo viene ricordato lo sviluppo in Margherita della attrazione verso la storia dell’arte, accompagnato da un precoce senso degli affari. In una cultura ancora profondamente maschilista si dimostra, ancora adolescente, determinata a non seguire lo schema tradizionale. Così, inizia la prima esperienza giornalistica proprio come critico d’arte della IV Biennale di Venezia. Nel 1898 si sposa con l’avvocato Cesare Sarfatti, anche lui di famiglia ebraica, militante socialista, che al socialismo avvicinerà la giovane moglie. Ma a Venezia mancano industrie, quindi manca una classe operaia vera. Passano allora a Milano (1902), vista dalla coppia come città industriale, cosmopolita, in piena evoluzione, meta di intellettuali ed artisti, sede «naturale» del Partito Socialista. Due donne, tutte profughe russe di famiglia ebraica, saranno determinanti nella formazione culturale di Margherita: Angelica Balabanoff e Anna Kuliscioff, dalle quali apprende la sensibilità per un necessario cambiamento sociale che non può aver luogo senza un radicale mutamento del ruolo femminile. Attraverso la loro amicizia incontrerà Mussolini, diventandone amante (1912). È il momento della collaborazione con il quotidiano socialista L’Avanti, attraverso il quale rafforza la sua fama di critica d’arte. Sempre da queste colonne scopre di condividere con Mussolini l’adesione all’ambiente «vociano», tra risorgimentismo, individualismo, irrazionalismo, misticismo cattolico. Già contraria alla guerra giolittiana in Libia (1911), nel 1915 si schiera per l’intervento attraverso la pubblicazione di un volumetto intitolato La milizia femminile in Francia, che porterà all’abbandono del partito socialista, schierandosi definitivamente con la corrente mussoliniana. Con la fondazione de Il Popolo d’Italia, ad opera dello stesso Mussolini (1915), ne diviene collaboratrice fissa (dal 1918 fino alla fine degli anni ‘20), riservandosi articoli ancora sull’arte e una rubrica di recensioni letterarie dal titolo Le cronache del Venerdi. Sarà presente alla nascita dei Fasci di Combattimento, il 23 marzo del 1919: «per lo Stato e per la Patria, per il popolo soprattutto … Santa tumultuosa ebbrezza di rinata primavera, quando rinacquero audacia e speranza! … io c’ero». Il tumulto è anche interiore. La storia d’amore con Mussolini rimarrà come la più solida e lunga, per entrambi. Innumerevoli le lettere che si scambieranno, in totale ben 1.272. Dal 1922 al 1933 sarà finalmente condirettrice e successivamente direttrice della rivista Gerarchia, fondata da Mussolini e destinata ad essere l’organo teorico del suo pensiero. Intorno alla rivista lavorerà un gruppo molto scelto di collaboratori, come lo storico Gioacchino Volpe, il poeta Ardengo Soffici, gli economisti Gino Arias e Arrigo Serpieri. Sulla rivista Margherita proverà a riepilogare sinteticamente i concetti cardine che Mussolini e Gentile svilupperanno nel loro documento principale, La Dottrina del fascismo, del 1932:
il fascismo, capace di evolvere e assimilare … né verso il liberalismo né verso il bolscevismo, né a destra né a sinistra, né verso le degenerazioni occidentali di sfrenato individualismo, né verso il cupo schiavismo … a questo provvede la giovane maturità del suo duce. (Sarfatti 1932a)
Proprio nella sua Casa della Cavallasca, acquistata insieme al marito sul Lago di Como e dove lei ritornerà per tutta la vita, era stata intanto pianificata e finanziata la marcia su Roma dell’ottobre 1922 (come risulta dagli archivi del barone von der Schulenburg e degli eredi romani Caetani), a cui era seguito il compito di raccogliere i capitali per mobilitare la Milizia e accelerare le manovre per la conquista del potere. I primi mesi di governo saranno pieni di impegni per entrambi con Margherita che acquisisce un’influenza ineguagliabile e un ruolo primario, anche per la sua padronanza delle lingue. Mussolini ricorre a lei per opinioni e giudizi, mentre le affida la gestione del servizio stampa estera. Nel 1924 prende forma il progetto di propaganda-comunicazione del nascente regime fascista; lei ne sarà tra gli artefici, ispirando l’idea del mito di Roma, inventando il «lictor fasces» e rendendo credibile all’estero l’immagine del duce. Pubblica in Inghilterra una biografia di Mussolini di grande successo (The Life of Benito Mussolini), poi ristampata in Italia (1926) con il titolo Dux, termine che diviene poi l’emblema del leader. Dal sovversivismo al ritorno all’ordine, secondo un percorso che Margherita disegna sia per i movimenti artistici sia per quelli politico-sociali, elitario e antidemocratico. Lei ha un compito specifico in questo progetto: dotare il fascismo di una radice profonda, di un mito fondante che lo metta in continuità con la grande tradizione italica, che ne possa giustificare la «missione universale». Appunto il richiamo a Roma, «Urbe e Caput Mundi». La Roma antica, ma anche quella medievale dell’Impero Sacro e Romano, di cui la «città eterna» era fulcro ideale e spirituale. Naturale e fondamentale il passaggio dei «Patti Lateranensi che riconsegnano Roma ad un ruolo universale di possibile guida del mondo». Costante in lei l’interesse per la politica sentita come possibilità di realizzazione di uno Stato Nuovo, di quella «città futura» (titolo anche di una rubrica che tenne sulle pagine de La Difesa delle lavoratrici), armonia di forza, bellezza, emancipazione, destino, identificata inizialmente con il socialismo, poi nella patria risorgimentale risorta con al grande Guerra, e, infine, con lo Stato Fascista. Ecco lo Stato corporativo, con il suo modello economico interclassista, etico, sindacale. In un articolo dedicato al decennale scrive riguardo al progetto corporativo:
La rivoluzione fascista ha creato un nuovo modello di società nazionale, il corporativismo, ha ridato sostanza agli obliati concetti di gerarchia e disciplina. Ma in questa gerarchia dà nuovo rango ai valori della giustizia sociale e del lavoro … nel complesso attua una forma di giustizia sociale e di temperato collettivismo … esalta la volontà di lavoro e lo stimolo dell’iniziativa individuale … frena il disordine degli interessi … propone al mondo un tipo di civiltà, destinato forse a sostituire nell’avvenire la incrinata civiltà capitalista. (Sarfatti 1932b)
Nella economia internazionale emerge la «novità fascista», soprattutto per merito del lavoro di comunicazione di Margherita. Lo stesso John Maynard Keynes, certamente il maggior economista vivente, se ne occuperà attraverso alcuni articoli sulla autosufficienza nazionale e sull’autarchia (1933). E molte saranno le sue «letture», iniziate da giovanissima con Pareto e Ruskin, del pensiero economico e della teoria economica. Tra queste interessante il ricordo di Luigi Luzzati, su Gerarchia:
La stirpe dei grandi economisti perde in lui forse il postremo epigono. La stirpe che fu grande per i Ricardo, i Marx, i Malthus, gli Smith, studiosi, attraverso il flusso ed il riflusso dell’oro, di più sottili e complessi problemi nel flusso e reflusso dei popoli. Luigi Luzzati non creò, come quegli illustri, dei durevoli sistemi, non scoprì dei principii … ma alla pari di loro ebbe l’occhio alle finalità morali dell’uomo, e l’economia politica non gli servì a costruire le aberranti mostruosità dell’uomo economico, sì bene a rintracciare … quelle luci di etica eterna che possono renderla, virgilianamente, sacra». (Sarfatti 1927: 252)
Ne condivide il richiamo alla subordinazione delle classi alla nazione, mentre lo «rimprovera» di non aver compreso la necessità dello Stato forte, affidandosi alla debole «utopia della fraternità degli uomini». Ma l’ambito forse più significativo per far emergere le contraddizioni del pensiero di Margherita tra nazione, economia internazionale e missione del fascismo è quello coloniale. L’Italia fascista si posiziona in linea con le ambizioni dei governi precedenti. Margherita inizia i suoi viaggi nel nord Africa perché territori storicamente contesi con la Francia. I suoi reportages sono un banco di prova per il regime. Il primo, legato alla Questione di Tunisi, richiama la «tragedia demografica», uno degli argomenti trainanti della politica fascista. La Sarfatti nel suo viaggio a Tunisi ripercorre la strada dei circa 90.000 italiani residenti a Tunisi (contro i 46.000 francesi). Si recherà fino ai limiti estremi del deserto, fino all’oasi di Tozeur. Ripercorrendo il cammino di quel numeroso gruppo di famiglie italiane, in particolare toscane, la maggior parte di religione israelita, che si erano stabilito nella capitale nella seconda parte del secolo presedente. È il grande tema della immigrazione e della emigrazione, del colonialismo, su cui la Sarfatti presenta un resoconto straordinario per vastità di riferimenti e modernità di linguaggio. Ammira il contratto agricolo arabo, atipico, un misto di mezzadria e di piccola proprietà, che ben rientra nelle ipotesi che il fascismo sta iniziando a progettare, come le «città di fondazione», le città corporative. Oltretutto il modello tunisino potrà essere utile per l’Italia in Libia. La Sarfatti entra spesso anche nei temi che riguardano l’islam, le caratteristiche culturali del popolo arabo, con un misto di ammirazione per la filosofia e un richiamo ulteriore alla tendenziale superiorità della civiltà europea. Questo atteggiamento di «superiorità» che ritorna anche nei resoconti e nelle cronache di viaggio in Sud America, dalla Argentina al Brasile («La povertà delle terre ricche», 1930) o in Nord America, con le sue critiche alla dottrina Monroe. La sua attenzione si sposta poi al confronto con gli altri paesi europei. Su Gerarchia accenna ai negoziati per regolamentare il commercio internazionale con Francia, Germania e Spagna ed anche URSS e Jugoslavia, paesi con cui i commerci nazionali sono fortemente deficitari. Margherita Sarfatti non approverà comunque le nuove imprese coloniali in Abissinia (1935) come l’intensificarsi dei rapporti con la Germania nazista. Nonostante, o forse, proprio per la stima di cui gode a livello internazionale non riesce più a guidare le scelte politico-culturali del regime. Non può nemmeno più sottovalutare il crescente clima antisemita. Arriveranno nuovi viaggi all’estero, nord Europa e Usa soprattutto, poi il definitivo allontanamento verso l’Uruguay del 1937. Rientrerà in Italia solo a guerra conclusa. Gli ultimi anni li passerà nella casa della Cavallasca sul lago di Como, totalmente dimenticata. Il suo nome rimarrà impronunciabile per decenni. Ebrea per gli ex fascisti, traditrice per gli ebrei, fascista per la nuova repubblica nata dalla Resistenza. Ma rimane certamente la protagonista di una grande stagione di arte e stampa, di cultura come senso e non solo business e costume. Una personalità complessa, protagonista di un periodo in cui si è discusso tanto, con un’imponente quantità e qualità di riflessioni, una personalità che ha piegato per anni un regime evidentemente al maschile.
OPERE
Pubblicazioni
- 1913. “Le suffragiste inglesi”, La Voce, 2 ottobre.
- 1915. “Lettera ad un giovane italiano”. La Difesa delle Lavoratrici, 15 marzo.
- 1915. La milizia femminile in Francia.
- 1917. “Le arti plastiche”. Gli Avvenimenti, 2.
- 1919. La fiaccola accesa. Polemiche d’arte. Milano, Istituto editoriale italiano.
- 1921. I vivi e l’ombra (liriche). Milano, Facchi Editore.
- 1923. “Tunisiaca”. Gerarchia, 6, pp. 1134-1140.
- 1923. “Ancora il problema di Tunisi”. Gerarchia, 7, pp. 1190-1196.
- 1923. Tunisiaca, prefazione di Benito Mussolini (pseudonimo “Latinus”). Milano-Roma, Mondadori [copia manoscritta in Archivio Centrale dello Stato, autografi del duce, busta 7, fascicolo 6.5.2.]
- 1924. “Cinema Spagna”. Gerarchia, 10.
- 1924. “Spagna mistica. Avila di Santa Teresa”. La Rivista Illustrata del Popolo d’Italia, 8, pp. 32-36.
- 1925. Segni, colori e luci. Bologna: Zanichelli.
- 1925. Achille Funi. Milano, Hoepli.
- 1925. Dux. London, Butterworth [ediz. It. Milano, Mondadori, 1926].
- 1927. “Luigi Luzzati”. Gerarchia.
- 1929. Il Palazzone (romanzo). Milano, Mondadori.
- 1930. Storia della pittura moderna. Roma, Paolo Cremonese.
- 1930. “La povertà delle terre ricche”. Gerarchia.
- 1931. “Individualismo e Fascismo”. Gerarchia.
- 1932a. “L’universalità della politica italiana”. Gerarchia.
- 1932b. “Orientamento e presagi”. Gerarchia.
- 1935. Daniele Ranzoni. Roma, Reale Accademia d’Italia.
- 1936. America, ricerca della felicità. Milano, Mondadori.
- 1950. Casanova contro Don Giovanni. Milano, Mondadori.
- 1955. Acqua passata (libro di memorie). Bologna, Cappelli.
Attività a carattere economico
Traduzioni
Manoscritti e altri documenti
BIBLIOGRAFIA
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- Carte F. Martini, b. 20, f. 33, 11 lettere 1921-1933, Archivio Centrale dello Stato, Roma
- Fondo Angiolo Orvieto (13 lettere, 1902-13), Gabinetto Viesseux, Firenze
- Fondo E. Duse (9 lettere, 1918-24), Fondazione Cini, Venezia
- Fondo Margherita Sarfatti, 51 buste, 16 raccoglitori, 1 cartella (di cui 884 fascicoli, 234 fotografie, 15 quaderni, ecc.), Mart, Rovereto. IL Fondo conserva la documentazione dell’attività pubblica della Sarfatti in veste di giornalista, scrittrice, critica d’arte e intellettuale, comprendendo la corrispondenza, personale e professionale, scritti, appunti, fotografie, ritratti, cartoline e materiale autografo di Mussolini, più foto con dedica. A questo materiale si aggiungono 400 tra cataloghi, monografie, riviste appartenute alla Sarfatti.
- Fondo Paolo Buzzi, coll. Margherita Grassini Sarfatti-Buzzi, (3 lettere, 1924-33), Biblioteca comunale Sormani, Milano
- Fondo Papini (20 lettere, 1926-48), Fondazione Primo Conti, Fiesole
- Fondo Sarfatti Margherita, 35 lettere, 4 veline di telegrammi di D’annunzio, Archivio generale de Il
- Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera
- Fondo storico e Concorso critici d’arte 1903, Archivio storico d’arte contemporanea della Biennale, Venezia
- Gerarchia (1922-1943), Biblioteca Nazionale Centrale di Roma